Un vaccino per ripartire

Chi frequenta le parrocchie è «chiamato a rispondere per primo a “un atto di amore” per se stesso e per le comunità» a partire da chi è impegnato nell’azione pastorale. E l’“atto di amore” di cui parla la presidenza Cei nella Lettera inviata ai vescovi della Penisola è la vaccinazione anti-Covid. Il “vertice” dell’episcopato italiano riprende l’appello di papa Francesco che ha esortato alla profilassi definendola appunto un “atto di amore”. La Cei non può imporre l’obbligo vaccinale all’ombra del campanile perché il tema «è affidato alle competenti autorità dello Stato», si legge nella missiva intitolata “Curare le relazioni al tempo della ripresa”, ma chiede di «incentivare il più possibile l’accesso alla vaccinazione» e indica alcuni dei “volti” che nelle parrocchie dovrebbero responsabilmente immunizzarsi: i «ministri straordinari della Comunione eucaristica»; «quanti sono coinvolti in attività caritative»; i «catechisti»; gli «educatori»; i «volontari nelle attività ricreative»; i «coristi» e i «cantori».

Avere parrocchie “sicure” è la priorità della Chiesa italiana. Come testimonia il protocollo per le Messe al tempo del coronavirus o l’impegno di questi mesi nel segno della cautela. Attenzioni che hanno avuto effetti positivi. Anche se «la normativa civile attuale non prevede l’obbligo vaccinale né richiede la certificazione verde per partecipare alle celebrazioni o alle processioni né per le attività pastorali in senso stretto (catechesi, doposcuola, attività caritative)», è però «fondamentale mitigare i rischi di trasmissione del virus», ricorda la Cei. E quindi «la prevenzione di nuovi focolai passa attraverso l’adozione di comportamenti responsabili e un’immunizzazione sempre più diffusa». Da qui il monito. «Facciamo quanto è nelle nostre possibilità perché le relazioni pastorali riprendano nella cura vicendevole e, specialmente, dei più deboli».

In linea con questi auspici anche ad Asti il Vescovo ha disposto l’emanazione, a firma del Vicario Generale. di uno specifico decreto per chiedere l’osservanza di precise disposizioni per rendere più sicuri i luoghi ecclesiali e più serene le attività pastorali.

Il decreto è integrato da un documento di note esplicative con allegato un modello di autocertificazione che gli operatori pastorali sono tenuti a sottoscrivere.

Una ricchezza di “attenzioni” che richiamano a riscoprire che «l’essenziale è proprio la relazione» con il desiderio di una ripartenza “in normalità” dove non basta ritornare «con i tempi e i metodi pastorali a cui eravamo abituati», ma occorre «avere un surplus di cura delle relazioni» mettendo al centro «ancora di più l’incontro fra le persone» con comportamenti prudenti e responsabili.