Cammino sinodale, un altro passo!

Nella riunione congiunta dei Consigli Presbiterale e Pastorale Diocesano del 3 Giugno 2022 i referenti sinodali, Mariarosa Poggio e Giovanni Valente, hanno proposto la sintesi del documento inviato dalla nostra Diocesi alla Segreteria della CEI per condividere la preziosa serie di iniziative di “ascolto” che hanno coinvolto, con incontri in presenza, gli uffici diocesani, le associazioni ecclesiali, le unità pastorali e le parrocchie.

Ecco il testo della relazione:

Introduzione

Narrazione: questo è il punto centrale da cui partire per entrare nel merito di quello che è stata la nostra esperienza sinodale, come organizzatori di questa prima parte del cammino diocesano e di facilitatori del dialogo e dell’ascolto delle diverse realtà presenti sul territorio. L’impressione che ne abbiamo ricavato è quella di un percorso arricchente, per l’atteggiamento propositivo e la disponibilità incontrati; alcune criticità non sono però mancate; tra le più importanti: il poco tempo a disposizione, la difficoltà nell’individuare (e formare) i referenti sinodali delle comunità locali, e quindi di definire insieme le modalità di consultazione e i criteri di esecuzione delle sintesi.

Le difficoltà però non hanno sminuito la convinzione che “I cammini sinodali ai quali ci convoca e ci chiama la Chiesa sono un’opportunità, se vissute come esperienza di condivisione. Non c’è un obbiettivo da raggiungere, un questionario da fare. No, bisogna saper camminare insieme, saper decidere, interrogarsi, maturare un discernimento comune” (Padre Costa).

In effetti questa prima parte del percorso sinodale si è incentrata soprattutto sul camminare insieme, sul dialogo e sull’ascolto del popolo di Dio. Ciò si è attuato nelle parrocchie, nelle vicarie, nelle associazioni, nei movimenti e nei diversi livelli della Chiesa. L’idea di fondo, che si è rivelata fondamentale, è stata quella procedere con la creazione ovunque possibile di piccoli gruppi sinodali (12-15 persone) che hanno, attraverso i dieci nuclei tematici proposti, riletto la propria esperienza di fede in un’ottica comunitaria. Come referenti sinodali abbiamo partecipato direttamente ad alcuni momenti assembleari caratterizzati dalla preghiera e poi dal confronto nei gruppi. L’inizio è sempre stato un po’ faticoso, segno di una scarsa abitudine al confronto, al dialogo, ma via via si è creato quel giusto clima fraterno che ha permesso a tutti di esprimersi e di partecipare attivamente.

Le modalità di ascolto attuate sono state molto diverse: realizzazione e somministrazione di questionari, incontri dei singoli consigli pastorali su alcuni nuclei tematici, assemblee dopo la celebrazione della messa domenicale, realizzazione di un cammino di ascolto strutturato in più incontri.

I gruppi sinodali, in maggioranza, sono stati costituiti da persone adulte (tra i 50 e 80 anni), per lo più donne. I giovani e la fascia tra i 30 e i 50 sono stati poco presenti, specchio di una chiesa locale costituita in larga maggioranza da persone anziane e da donne. Le consultazioni sinodali effettuate tra i giovanissimi di alcune scuole superiori hanno evidenziato che la grande maggioranza dei giovani non vede nella Chiesa un luogo di interesse, di crescita e di senso.

L’impressione ricavata è il generale desiderio di trovarsi, confrontarsi, ascoltarsi, rinnovare con più entusiasmo una proposta religiosa che, col tempo, anche a seguito della pandemia, si era troppo fossilizzata ed è ormai poco attraente rispetto ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo. Al termine dei gruppi, più persone hanno espresso il desiderio di continuare e di realizzare ogni mese degli incontri sinodali di ascolto e di confronto, per costruire la comunità e per realizzare concretamente la corresponsabilità nelle scelte.

Ora, anche per noi ad Asti è tempo di far vibrare le risonanze che il cammino ha generato in noi, per diffondere quanto emerso nelle quaranta sintesi elaborate nella nostra diocesi, calandoci nella realtà dei dieci nuclei tematici oggetto delle conversazioni.

Compagni di viaggio. Tra i partecipanti alla consultazione sinodale, la fascia dei giovani e degli adulti tra i 30 e 50 anni è stata quasi interamente assente, specchio fedele della realtà generalizzata delle nostre parrocchie.  È chiaro che giovani e trenta-cinquantenni sono i nuovi lontani soprattutto perché la Chiesa, secondo i pochi giovani intervenuti al di fuori del circuito della Pastorale Giovanile e delle realtà ad essa collegate, appare come una istituzione retrograda che fa fatica a stare al passo con i tempi, e nelle loro famiglie non viene ormai più insegnato il cammino cristiano. Per la maggior parte degli adulti che hanno partecipato alla consultazione, le persone che “camminano insieme” sono essenzialmente quelle che credono, che si ritrovano in chiesa la domenica, frequentano la parrocchia e i sacramenti (chiamato anche “nucleo caldo”). Ma molti sono consapevoli che il termine “comunità” si estende a tutte le persone che vivono in essa. Tale consapevolezza non significa che, in generale, l’accoglienza verso le persone che non frequentano sia adeguata: in generale si sottolinea un atteggiamento pratico poco inclusivo e accogliente. Ai margini delle nostre comunità, ci sono i poveri (per il 50% italiani), le persone che hanno problemi familiari (incluse le famiglie allargate), gli anziani (al tempo stesso nerbo delle nostre comunità e gravoso problema umano e sociosanitario).

Ascoltare. Dalla consultazione è emersa la generale consapevolezza dell’importanza dell’ascolto nel cammino della Chiesa, e nello sforzo di avvicinare chi vive ai margini o al di fuori di essa. La frenesia e l’individualismo di oggi non favoriscono l’ascolto; tuttavia, se la comunità cristiana è significativa, l’ascolto è autentico e può dare frutti. Qualcuno ha identificato ascolto, attenzione e dialogo come il passaporto del cristiano. Le realtà parrocchiali, tuttavia, non si mettono facilmente in ascolto delle variegate realtà laicali presenti sul loro territorio: ci ascoltiamo preferibilmente tra noi, mentre è necessario intercettare i bisogni dei giovani, dei ragazzi in difficoltà, delle persone sole, con un passato difficile, degli invisibili e degli anziani. Spesso l’ascolto delle persone si concentra solo sui bisogni primari, cibo e soldi, con poco o nulla di spirituale o di conforto morale. I pochi giovani, intervenuti al di fuori dei circuiti della pastorale giovanile, sono alla ricerca di motivazioni religiose “fai da te”; vanno dove trovano qualcosa che piace e pensano giovi loro. Nella partecipazione alla Messa domenicale, essi non trovano risposte ai loro problemi: l’omelia esula dalle loro problematiche. Ascolto della Parola e della vita delle persone devono procedere di pari passo, in un dialogo reciproco tra laici e consacrati. Nota costante emersa: si ascoltano poco le esperienze esterne alla Chiesa; essa accompagna poco il momento del dubbio e della crisi tra quella fede ricevuta da piccoli e quella adulta.

Prendere la parola. L’opinione emersa in modo prevalente è che nei nostri organismi di partecipazione ci limitiamo ad elencare i problemi, ma, poi, non creiamo spazi di confronto per affrontarli realmente. Nei Consigli pastorali, in generale, non c’è vera partecipazione. Essi molto spesso si limitano ad essere occasioni per fissare date e impegni. In molti c’è la convinzione che tanto decide tutto il parroco. A livello di Chiesa che prende la parola verso il mondo esterno, è stata sottolineata la debolezza nell’utilizzare i media digitali, che offrirebbero maggiori possibilità di contatto con giovani e adulti giovani. Nonostante le difficoltà, tuttavia, l’impressione ricavata è il generale desiderio di trovarsi, confrontarsi, ascoltarsi, rinnovare con più entusiasmo una proposta religiosa che, col tempo, anche a seguito della pandemia, si è troppo fossilizzata ed è poco attraente rispetto ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo. Molte persone hanno espresso il desiderio di continuare il cammino sinodale e di realizzare ogni mese degli incontri di ascolto e di confronto, per costruire davvero la comunità.

Celebrare. Le Messe domenicali devono essere più inclusive: occorre dedicare una cura particolare alla loro preparazione e adottare un linguaggio più in linea con la sensibilità dei giovani e delle giovani famiglie. Già la nostra diocesi aveva dato negli anni scorsi alcune indicazioni di metodo circa le celebrazioni: si tratta anzitutto di mettere in pratica quanto suggerito. Il parroco deve essere adeguatamente coadiuvato. I lettori e quanti collaborano alla liturgia non devono solo fare servizio estemporaneo, ma essere formati e preparati in anticipo.  Si deve fare accoglienza al fondo della chiesa. I sacerdoti devono avere tempo prima e dopo le celebrazioni per fermarsi a parlare con i fedeli. I laici più coinvolti nella vita parrocchiale appaiono consapevoli della necessità di ridurre in modo significativo il numero di celebrazioni, mediante accorpamento, per via della riduzione del numero di sacerdoti (e di fedeli).

Corresponsabili nella missione. In generale è emersa la consapevolezza che la missione è parte della vita di ogni cristiano, e non è una scelta di vita per pochi: la missione è il luogo di incontro tra credenti e non credenti (anche se per alcuni missione significa semplicemente prendere parte ai servizi della parrocchia). Ancora una volta è emersa con forza la preoccupazione su come raggiungere i nuovi lontani (giovani e adulti giovani). Ancora oggi Chiesa è troppo “clericale”, con molte attività non strettamente pastorali e quasi tutte le decisioni in mano ai parroci, e la richiesta da parte loro, soprattutto, di servizi pratici; la maggior parte dei laici consultati appare disponibile a una maggiore collaborazione, ma non è del tutto consapevole del valore e della necessità della corresponsabilità. E’ necessaria, pertanto, una grande attività di formazione, per laici e presbiteri.

Dialogare nella Chiesa e nella società. I contributi su questo nucleo tematico sono stati molteplici, ma, in molti casi, hanno ricalcato osservazioni e timori già espressi per altri nuclei, e in generale sono stati piuttosto frammentati, denotando una difficoltà di base a inquadrare il contesto su cui è necessario od opportuno dialogare tra Chiesa e società. Alcuni contributi riepilogano l’orientamento prevalente: “La lingua più capita oggi è quella dell’umanità, dell’accoglienza reciproca e della condivisione”. Altri contributi hanno messo in evidenza la necessità di dialogare e impegnarsi anche su temi “difficili”: cultura, economia, politica, e che può essere normale che la Chiesa si scontri con la società, se i valori di fondo e le scelte etiche sono diversi.

Con le altre confessioni cristiane. I contributi su questo nucleo tematico sono stati pochi. Prevale la consapevolezza circa la necessità di abbandonare i pregiudizi e avere più rispetto reciproco.

Autorità e partecipazione. Molti interventi hanno sottolineato l’importanza degli organismi di partecipazione (non solo consigli pastorali) a tutti i livelli, lamentandone però i limiti: autoritarismo da parte del clero, funzione puramente consultiva, insufficiente rappresentatività, ridotto spazio dedicato alle donne, scarso riconoscimento al ruolo dei laici, mancanza di una verifica obiettiva delle attività svolte.

Discernere e decidere. Questo nucleo tematico è apparso ai più complementare a quello precedente. Per discernere e poi decidere correttamente occorrono formazione e informazione. Bisogna superare l’accentramento delle decisioni da parte del clero e rafforzare il discernimento personale e comunitario con momenti di preghiera e ritiri. Si è anche osservato che, più che dare delle norme, bisogna formare le coscienze.

Formarsi alla sinodalità. Il Sinodo non deve essere un evento isolato, ma una prassi comune: questo è l’auspicio unanime emerso da tutti i contributi. Questo Sinodo ci ha invitato a parlare, a confrontarci, aspetto di cui c’era tanto bisogno. Il processo non deve fermarsi qui, altrimenti “sarebbero le solite parole al vento”. La sinodalità si acquisisce camminando insieme nel dialogo sotto la guida dello Spirito: siccome, storicamente, non siamo abituati a tale stile di comunione, è necessario spendere molto nella formazione di tutti, laici e presbiteri, per proseguire il cammino intrapreso, e utilizzare strumenti che aiutino a leggere le dinamiche della cultura che influenza il sentire della gente. E’ stato sottolineato che la comunità cristiana locale è fondamentale, anche senza la presenza stabile di un sacerdote: in essa nascono e crescono relazioni significative. La parrocchia in senso tradizionale, tuttavia, non è più sufficiente (per la costante riduzione del numero dei sacerdoti); occorrono nuove forme di collaborazione che mettano alla prova le nostre capacità di proposta e condivisione.

Conclusioni

  • Come già osservato, un primo aspetto importante da rilevare è stata la voglia di trovarsi, di ascoltarsi e di confrontarsi sui diversi aspetti della vita religiosa propria e collettiva. Questo effettivamente potrebbe diventare un elemento di metodo “strutturale”, nell’ottica di una diffusa corresponsabilità tra laici e presbiteri.
  • In molte sintesi viene toccato il ruolo e il funzionamento del consiglio pastorale, a volte troppo direttivo e legato ad aspetti tecnici (luogo di ratifica di decisioni prese) più che momento di discernimento, di confronto e di decisione.
  • Vista la diminuzione dei parroci, si pone anche la questione di una maggior delega ai laici per le questioni economiche nella gestione delle parrocchie (anche se per questo sono probabilmente necessarie modifiche al diritto canonico e concordatario).
  • Nel momento in cui si rileva la necessità di un maggior coinvolgimento dei laici si rende necessaria una più ampia formazione che porti tutti ad essere soggetti consapevoli e responsabili del loro ruolo attivo nella Chiesa.
  • Gli adulti sotto i 50 anni, poi, sono scarsamente presenti: come rievangelizzare queste persone che hanno abbandonato la dimensione di comunità, ma che si riaffacciano nel momento in cui i sacramenti dei figli li rimettono in contatto con la Chiesa?
  • La comunità viene spesso vista come luogo di servizi (dalla borsa della spesa ai sacramenti). Come “costruire” delle comunità che siano davvero luoghi di condivisione, di ascolto, di vita? Questo vale soprattutto per i giovani che non vedono la parrocchia come un ambiente attraente: come animare questa nuova comunicazione con i giovani?
  • Nel confronto sinodale le sintesi ricevute hanno mostrato un’attenzione prevalente alle dinamiche interne della comunità. Come è possibile aprire il dialogo con gli altri contesti, per evitare la separazione tra i diversi ambienti di vita? E ’possibile ipotizzare un nucleo vivo nella comunità, che faccia da tramite propositivo verso tutti gli altri?
  • Per concludere, la consultazione sinodale ha individuato due problemi di fondo che incrociano i temi già elencati, rinforzando la necessità di un cambio di paradigma per assicurare la continuità della Chiesa sul nostro territorio:
    1. In particolare, la carenza di sacerdoti e in particolare di parroci, che sempre più spesso si fanno carico di un numero crescente di parrocchie, rende difficile la costruzione di comunità vive e aggreganti per le persone.
    2. In secondo luogo, la distanza nel mondo giovanile, tra le loro convinzioni morali e l’insegnamento della Chiesa nell’ambito della sessualità, della questione del gender e di altri temi di bioetica, richiede un profondo discernimento su queste tematiche, anche in chiave missionaria.